FISIOTERAPIA – OSTEOPATIA

Dott. Nicolò Colombo

Spalla Congelata - Fisioterapia e Osteopatia Legnano

Spalla congelata

La spalla congelata o forzen shoulder, nota anche con il nome di periartrite, è una problematica della spalla che vedono il sistema immunitario come effettore. L’ipotesi più recente è che ci sia una low-grade inflammation persistente, ovvero sorta di infiammazione di bassa intensità che perdura nel tempo.

La diagnosi di spalla congelata viene fatta in base alla presentazione temporale, ovvero a degli stadi di evoluzione ed è la seguente:

  • Stadio preadesivo: che può durare da 0 – 3 mesi
  • Stadio acuto adesivo o freezing: che può durare dai 3 – 9 mesi
  • Stadio fibrotico o frozen: che può durare dai 9 -15 mesi
  • Stadio di scongelamento: che può durare dai 15 -24 mesi

I fattori di rischio che maggiormente intervengono sono i fattori genetici e il diabete correlato in maniera trasversale allo sviluppo di patologie muscoloscheletriche. L’età, il sesso e l’obesità sembrano essere protettivi, in alcuni casi, per la spalla congelata.

I pazienti presentano spesso limitazione del movimento in tutte le direzioni e sui vari piani articolari. Possono essere pazienti con rigidità marcata anche in assenza di dolore o con dolore lieve o di moderata entità, il quale passerà in secondo piano. La limitazione del ROM sarà invece percepita in modo marcato, in quanto motivo del consulto.

Tra i fattori che possono rendere la prognosi più lunga vi sono:

  • familiarità: il paziente riferisce in anamnesi che ad un suo familiare ha sofferto della stessa problematica.
  • patologie sistemiche: diabete mellito, iperlipidemia, patologie epatiche.
  • storia di precedente: rigidità controlaterale in anamnesi.

Nei pazienti con rigidità rilevante o come sintomo prevalente, associata a specifici dati anamnestici, le traiettorie di prognosi possono diventare peculiari, particolarmente lunghe e tortuose.

Per quanto riguarda l’articolazione gleno-omerale, ovvero la principale articolazione della spalla, si procede con educazione del paziente ed esercizi funzionali nel rispetto della soglia del dolore e il recupero non viene considerato come completo ripristino del ROM, bensì come recupero funzionale.

Tra i fattori prognostici negativi, che possono quindi dilatare i tempi di recupero, vi sono l’elevato dolore all’esordio del problema, la maggiore limitazione del ROM, il diabete mellito, coinvolgimento bilaterale, il maggior tempo intercorso tra esordio e la prima visita. Il trattamento conservativo, ovvero il percorso riabilitativo, è solitamente proposto per 3-4 mesi dalla presa in carico, la chirurgia va considerata dopo 6 mesi/1 anno.

A causa di queste lunghe tempistiche sarà fondamentale informare il paziente a riguardo e spiegare in maniera semplice e comprensibile cosa sta succedendo. Sarà fondamentale spiegare al paziente che la strategia migliore sono gli esercizi, che farà spesso e che lo accompagneranno per diverso tempo. Non esistono manovre miracolose di sblocco e che andare a provocare dolore eccessivo tra esercizi, trattamento e attività della vita quotidiana non è detto che sia uitle, ma questo deve essere sempre sopportabile.

Le tecniche riabilitative che applicherà il fisioterapista sono mobilizzazioni con movimento e tecniche di terapia manuale che hanno come obiettivo il recupero del ROM. Le evidenze più recenti suggeriscono anche la Mirror Therapy e lo stretching associati ad un programma di fisioterapia standard.

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