FISIOTERAPIA – OSTEOPATIA

Dott. Nicolò Colombo

Shin Splint - Move Therapy Legnano

Shin splint dei corridori

Cosa si intende per Shin Splint?

Shin splint, o sindrome da stress mediotibiale, è un termine aspecifico utilizzato in fisioterapia per descrivere il dolore da sforzo nella gamba ed é abbastanza comune nei corridori. Si conoscono diverse condizioni specifiche che possono essere la causa di dolore all’arto inferiore indotto dall’esercizio, per cui il fisioterapista, attraverso un’attenta valutazione svolta durante l’anamnesi, deve identificare la causa e determinare se si tratti effettivamente di shin splint.

Anatomia ed eziologia della shin splint

Le ossa della gamba (tibia e perone) fungono da origine per i muscoli estrinseci del piede e della caviglia. I muscoli della gamba sono divisi e circondati dalla fascia crurale creando dei compartimenti che ne risultano sono rigidi in quanto a volume e per cui si possono anche verificare aumenti di pressione al loro interno. Il compartimento anteriore contiene i muscoli estensori, il tibiale anteriore, l’estensore lungo delle dita e l’estensore lungo dell’alluce. La parte posteromediale della tibia serve da origine per il tibiale posteriore, il flessore lungo delle dita, il soleo e la fascia crurale profonda.

L’eziologia dello shin splint non è ancora completamente compresa, ma di solito è implicato un sovrautilizzo o una lesione cronica del compartimento muscolare anteriore, della fascia, dell’osso e delle inserzioni periostali. La causa più comune di sindrome da stress mediotibiale è una periostite da trazione dell’origine del soleo o del flessore lungo delle dita. Fattori di rischio noti sono una pronazione eccessiva del tallone che il fisioterapista può correggere con l’uso del bendaggio funzionale.

Come diagnosticare una shin splint

Per la diagnosi di shin splint il fisioterapista dovrà andare a ricercare una storia di dolore ai due terzi distali della gamba in rapporto all’esercizio. Il dolore è localizzato nel compartimento anteriore nel caso di shin splint e nel margine tibiale posteromediale nel caso di sindrome da stress mediotibiale. Il dolore è prodotto da attività quali una corsa o una camminata prolungata e migliora con la riduzione dell’attività. Il quadro non comprende mai reperti nervosi o vascolari. Le radiografie sono negative, ma bisogna ricordare che nella prima settimana sono negative anche dopo una frattura da stress.

Per distinguere una frattura da stress da uno shin splint il fisioterapista andrà a palpare il margine anteriore della tibia. Se il dolore risulta puntiforme allora saremo davanti ad una frattura da stress, se invece il dolore si manifesta lungo una superficie più ampia saremo di fronte ad una shin splint.

Durante l’anamnesi devono essere esclusi sindrome compartimentale, zoppia neurologica o vascolare, anomalie muscolari, infezioni e tumori.

Trattamento

Nel nostro studio di Legnano riteniamo che il miglior trattamento per la shin splint sia la prevenzione. Infatti, il condizionamento a basso impatto e il cross training sono essere in grado di ridurne l’incidenza.

Quando però il paziente si presenta in studio con una shin splint conclamata, il dolore acuto viene trattato con il protocollo POLICE (Protection, Optimal Loading, Ice, Compression, Elevation) finché il sintomo non diminuisce. La corsa è da sospedere fino alla scomparsa del dolore. Lo shin splint anteriore viene trattato con un riscaldamento aggressivo e stretching, con particolare attenzione al complesso tricipite surale-tendine di Achille. I sintomi possono trarre beneficio anche da una riduzione del peso della scarpa e dalla corsa su superfici piane.

I sintomi possono anche rispondere a un bendaggio adesivo antipronazione e ortesi e alla corsa su superfici stabili e non inclinate. La chirurgia non è mai indicata nei casi di shin splint. Per la sindrome da stress mediotibiale resistente sono state suggerite la fasciotomia del compartimento posteriore profondo e la disinserzione dell’origine del soleo dalla corteccia tibiale posteriore.

Il programma di fisioterapia sottolinea lo stretching e il condizionamento. Le ortesi antipronazione venogono consigliate se il bendaggio adesivo riduce i sintomi. Qualsiasi causa di peggioramento, meccanica, anatomica o nutrizionale, deve essere trattata. Fondamentale nel protocollo di fisioterapia è l’autodisciplina del paziente, che deve evitare di correre finché il dolore non sia completamente sparito. Per il mantenimento del fitness verranno suggerite attività alternative quali cyclette e nuoto. Le fasi della riabilitazione sono di durata variabile, che dipende totalmente dalla risoluzione del dolore al carico e durante la corsa. Nel protocollo viene data speciale considerazione all’estensibilità, con particolare attenzione al complesso tricipite surale-tendine di Achille per lo shin splint anteriore e al soleo per la sindrome da stress mediotibiale.

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Tenosinovite di de Quervain - Move Therapy Legnano

Tenosinovite di de Quervain

Cos’è la tenosinovite di de Quervain e come diagnosticarla?

La tenosinovite di de Quervain é la più frequente delle lesioni da sovraccarico che interessano il polso. Compare spesso in individui che usano normalmente una presa di forza associata a un’inclinazione ulnare del polso come nel servizio del tennis. La lesione avviene per un’infiammazione intorno alla guaina tendinea dell’abduttore lungo del pollice e dell’estensore breve del pollice nel primo compartimento dorsale. I sintomi tipici sono il dolore e la dolorabilità localizzati sulla faccia radiale del polso

Il fisioterapista esegue il test di Finkelstein che permette la diagnosi di tenosinovite di de Quervain. Con questo test si provoca uno stress sulle strutture infiammate ponendo un pollice nel palmo di una mano chiusa a pugno e poi deviando ulnarmente il polso. Un de Quervain modesto si può presentare con il solo dolore all’estensione contro resistenza della metacarpo falangea del pollice.

Come distinguere la tenosinovite di de Quervain da altre patologie?

Il fisioterapista deve escludere le altre cause possibili di dolore nella categoria del dolore radiale dorsale e queste comprendono:

  • artrosi della carpo metacarpale del polso: sono presenti dolore e crepitii con il test “crank and grind” del pollice. Questo test consiste nell’applicazione di una pressione assiale sul pollice durante la palpazione della prima carpometacarpale.
  • frattura dello scafoide: dolorabilità nella tabacchiera anatomica.
  • frattura dello chauffeur: frattura della stiloide radiale.
  • sindrome dell’intersezione: dolore e dolorabilità più prossimali.

Durante la seduta di fisioterapia, il fisioterapista andrà a valutare attentamente le strutture anatomiche elencate precedentemente per escludere tali patologie e confermare la tenosinovite di de Quervain.

Trattamento conservativo e splint

Nel nostro studio di Legnano, una volta diagnosticata la tenosinovite di de Quervain, siamo in grado di trattarla attraverso un preciso percorso di fisioterapia. Inizialmente è utile immobilizzare i tendini del primo spazio dorsale e, per fare ciò, viene utilizzato un bendaggio embricato del pollice con uno splint in commercio o, in base all’agio del paziente, un’ortesi modellata su misura. Lo splint tiene il polso a 15-20° di estensione e il pollice a 30° di abduzione radiale e palmare. Il paziente indossa lo splint di giorno per le prime 2 settimane e di notte fino alla successiva visita in ambulatorio, generalmente a 6- 8 settimane: lo splint può essere tenuto più a lungo, a seconda della risposta al trattamento. Può essere rimosso durante il giorno se i sintomi lo consentono e le attività quotidiane vengono riprese gradatamente. Anche le attività lavorative vengono autorizzate gradatamente.

Si possono prendere in considerazione altre misure:

  • iniezione di corticosteroidi nella guaina può essere praticata nel paziente con dolore da moderato a netto o con sintomi che durano da oltre 3 settimane.
  • per le prime 6-8 settimane di trattamento di solito vengono prescritti FANS.
  • uso del pollice viene limitato in modo che i tendini del primo compartimento dorsale siano a relativo riposo. Vengono evitate le attività che implicano una flessione prolungata del pollice, la pinza o movimenti ripetitivi.
  • bendaggio elastico di Coban del pollice da distale a prossimale, farmaci locali antiedema o massaggio con ghiaccio sulla stiloide radiale.
  • il fisioterapista mostra movimenti attivi e passivi del pollice 5 minuti ogni ora per evitare le retrazioni articolari e le aderenze tendinee.

Trattamento chirurgico

Se la fisioterapia fallisce o i sintomi della tenosinovite di de Quervain migliorano solo temporaneamente, il paziente può ripetere il trattamento descritto. Una riduzione insufficiente o la persistenza dei sintomi richiede una decompressione chirurgica. Questa deve coinvolgere i compartimenti separati dell’abduttore lungo del pollice e dell’estensore breve del pollice. È importante fare attenzione ai rami laterali del cutaneo laterale dell’avambraccio e ai rami sensitivi dorsali del nervo radiale. Prima della decompressione, le fibre circolari del retinacolo attorno alla stiloide radiale devono essere esposte. Il pavimento di questo compartimento è costituito dall’inserzione del tendine del brachioradiale, con espansioni ai margini volare e dorsale. La differenziazione dei tendini dell’abduttore lungo del pollice e dell’estensore breve del pollice può essere difficile senza setti divisori: il pavimento tendineo a Y, una volta individuato, indica l’area da decomprimere nel primo compartimento dorsale.

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Fisioterapia e Osteopatia a Legnano - Elettrostimolazione - Move Therapy Legnano

Elettrostimolazione

Se sei alla ricerca di un metodo efficace per migliorare il trofismo muscolare, accelerare il recupero post allenamento e gestire il dolore, l’elettrostimolazione potrebbe essere la soluzione ideale per te. Presso lo studio di Fisioterapia e Osteopatia Move Therapy a Legnano, utilizziamo questa terapia fisica con grande successo. Scopri cos’è l’elettrostimolazione, come viene utilizzata e quali benefici può offrire.

Cos’è e come funziona

L’elettrostimolazione è una terapia che prevede l’utilizzo di impulsi elettrici per generare la stimolazione e la contrazione muscolare. Il fisioterapista applica degli elettrodi adesivi vicino all’area o al gruppo muscolare da trattare. L’elettrostimolatore invia gli impulsi elettrici agli elettrodi, permettendo la contrazione muscolare. È consigliabile combinare l’elettrostimolazione con la contrazione muscolare attiva da parte del paziente per ottenere i migliori risultati.

Utilizzi e benefici dell’elettrostimolazione

Questa terapia offre molteplici utilizzi e benefici per la riabilitazione e il benessere fisico. Il fisioterapista può calibrare l’intensità, la durata, l’impulso, la frequenza e la latenza per raggiungere importanti obiettivi riabilitativi. Ecco alcuni casi in cui può essere particolarmente vantaggiosa:

Recupero post-trauma e post-operatorio: In seguito a un trauma o a interventi chirurgici come la riparazione del menisco o del legamento crociato anteriore, l’elettrostimolazione accelera la guarigione e aiuta a ripristinare il tono muscolare.

Miglioramento del tono muscolare: L’elettrostimolazione può essere utilizzata per migliorare il tono muscolare in diverse situazioni, come il recupero da un trauma che ha causato l’immobilità di un arto o nel caso di muscoli denervati.

Performance sportiva: Gli atleti possono beneficiare dell’elettrostimolazione per migliorare il tono muscolare, aumentare la potenza delle fibre muscolari e proteggere i tendini e i muscoli da possibili traumi. L’elettrostimolazione favorisce anche il recupero muscolare dopo l’allenamento.

Dimagrimento e rassodamento: L’elettrostimolazione può essere utilizzata con successo per il dimagrimento, favorire il drenaggio dei liquidi e il processo di distruzione dei grassi (lipolisi).

Come avviene l’elettrostimolazione presso lo studio Move Therapy

Presso il nostro studio di Legnano, utilizziamo un elettrostimolatore wireless che offre ai pazienti maggiore libertà di movimento, consentendo al fisioterapista di scegliere tra una vasta gamma di esercizi. Inoltre, offriamo un servizio di noleggio dell’elettrostimolatore in modo che i pazienti possano continuare le attività a domicilio. Forniamo anche elettrodi personali e istruzioni per l’uso dell’elettrostimolatore.

Numero di sedute e controindicazioni

L’elettrostimolazione può essere utilizzata quotidianamente, evitando di stimolare lo stesso gruppo muscolare ogni giorno e senza superare i 60 minuti di trattamento al giorno per ogni singolo muscolo. Tuttavia, ci sono alcune controindicazioni da considerare. È sconsigliata per portatori di pacemaker, donne in gravidanza, pazienti affetti da neoplasie, pazienti con ferite aperte, soggetti epilettici e persone con capillari fragili.

Conclusioni:

L’elettrostimolazione è un trattamento efficace per migliorare il trofismo muscolare, accelerare il recupero post allenamento e gestire il dolore. Presso lo studio Move Therapy di Legnano, il nostro fisioterapista e osteopata utilizza l’elettrostimolazione insieme a protocolli riabilitativi personalizzati per ottenere i migliori risultati. Contattaci oggi stesso per scoprire come questa terapia può migliorare la tua salute e il tuo benessere.

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Bendaggio Funzionale - Move Therapy Legnano - Fisioterapia e osteopatia

Bendaggio Funzionale

Che cos’è un bendaggio funzionale

Il bendaggio funzionale è un presidio di contenzione dinamica utilizzato dal fisioterapista o dall’osteopata che, utilizzando bende adesive estensibili ed inestensibili opportunamente combinate e disposte, si propone di ottenere la protezione ed il sostegno di strutture muscolo-tendinee e/o capsulo-legamentose. Può essere utilizzato immediatamente sul campo a seguito di un infortunio per controllare il gonfiore ed eventuale emorragia, limitando i danni causati dall’infortunio stesso, immobilizzando al minimo e incoraggiando un riposo funzionale.

Il bendaggio funzionale richiede l’uso di materiali combinati ed utilizzati in modo diversificato:

  • bende adesive estensibili;
  • bende adesive inestensibili;
  • compresse di gomma schiuma;
  • salvapelle;
  • maglia tubulare distensibile di rifinitura.

Il bendaggio nasce da una differente combinazione di due tipi di bende e la prevalenza di un tipo sull’altro è in rapporto alla funzione che il bendaggio deve espletare dando priorità alla componente inestensibile se si vuole privilegiare la contenzione e la tenuta.

Nel nostro studio di Legnano utilizziamo materiale adesivo ipoallergenico, per evitare reazioni cutanee locali, e dotato di buona adesività in quanto lo stretto rapporto fra cute e benda è fondamentale per la validità e la tenuta del bendaggio nel tempo. La cute viene adeguatamente preparata, con accurata depilazione o con impacco di etere o sostanze simili per sgrassare e ripulire la cute stessa da eventuali residui inerti, a beneficio della tenuta.

Quando si usa il bendaggio funzionale?

Il bendaggio funzionale può essere applicato dal fisioterpista o dall’osteopata per scopi preventivi, terapeutici o riabilitativi, cioè all’interno di un percorso di fisioterapia associando terapia manuale ed esercizi.

Nella prevenzione, il fisioterapista lo applica prima della gara o di un allenamento ed ha la precisa finalità di proteggere le strutture potenzialmente più vulnerabili. Tale vulnerabilità generalmente può dipendere da squilibri posturali, instabilità croniche secondarie a pregressi eventi traumatici, carichi iterativi submassimali cronici ad effetto lesivo cumulativo.

I bendaggi preventivi devono sempre essere rimossi dopo la gara o l’allenamento.
Nel trattamento, i bendaggi terapeutici vengono usati in seguito a lesioni traumatiche acute  microtraumatiche croniche (es. tendinosi) in cui il danno anatomo-patologico è contenuto o assente. Il fine è quello di ottenere la guarigione clinica della lesione evitando l’immobilizzazione totale.

Nella riabilitazione i bendaggi vengono usati quando, ottenuta la guarigione strutturale della lesione, si vuole ottenere un precoce ripristino della completa articolarità, della vigilanza propriocettiva e della coordinazione motoria.

 

Quali sono i vantaggi del bendaggio funzionale?

Il bendaggio funzionale viene utilizzato dal fisioterapista o dall’osteopata perché ha molte utili funzioni:

  • sostegno: protegge le singole strutture capsulo-legamentose da insulti meccanici;
  • scarico: ammortizza le sollecitazioni distrattive agenti sulle unità motorie;
  • compressione: esercitare un’azione pressoria che si oppone alla formazione di eventuale versamento o ematomi muscolari;
  • stabilizzazione: potenzia la funzione di contenzione di legamenti ipovalidi, insufficienti o comunque vulnerabili sotto lo stress del carico sportivo – mantenere attiva la propriocettività);
  • propriocezione: mantiene attiva la propriocezione e l’esterocezione attraverso la stimolazione meccanica continua dei recettori;
  • supporto psicologico: l’atleta protetto dal bendaggio ritrova più rapidamente quel senso di sicurezza indispensabile per una maggiore vigilanza soggettiva ed un migliore rendimento atletico.
  • antalgico: legata al relativo riposo funzionale prodotto dal bendaggio sulla struttura lesa. Viene molto apprezzata dall’atleta e dal tecnico poiché favorisce un rapido reinserimento dell’atleta all’attività sportiva a causa della riduzione del sintomo avvertito.

Controindicazioni

Le controindicazioni al confezionamento di un bendaggio funzionale sono la presenza di fratture recenti, rotture tendinee, lesioni ampie aperte, allergia agli adesivi delle bende, turbe circolatorie in genere e malattie dermatologiche.

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Tendinopatia della zampa d’oca - Move Therapy Legnano - Fisioterapia e Osteopatia

Tendinopatia della zampa d’oca

Tendinopatia della zampa d’oca: cos’é

Il dolore nella parte interna o mediale del ginocchio può essere una condizione chiamata borsite o tendinopatia della zampa d’oca. Il fisioterapista spiegherà al paziente che la zampa d’oca è un nome anatomico di un’inserzione tendinea che si inserisce sulla tibia. Questa inserzione tendinea ha la forma del piede di un’oca da cui il nome. Viene anche denominata “pes anserinus”. I tre tendini che la costituiscono sono il tendine del muscolo sartorio, gracile e semitendinoso.

I tre tendini che compongono la zampa d’oca derivano da tre diverse aree dell’anca e svolgono tre diverse azioni sul ginocchio e sulla coscia. Ciò rende difficile valutare e trattare accuratamente questa tendinite e la borsite della zampa d’oca.

Inoltre, sotto i tendini descritti precedentemente c’è una borsa, ovvero una sacca piena di liquido che aiuta i tendini a scivolare e scivolare facilmente sulla tibia. Questa borsa può infiammarsi e irritarsi causando dolore.

 

Tendinopatia della zampa d’oca: sintomi e cause

Durante l’anamnesi il fisioterapista domanderà la tipologia di dolore percepita dal paziente. Quando si ha la borsite o la tendinopatia della zampa d’oca, il dolore si avverte solitamente sull’aspetto interno dell’articolazione del ginocchio, appena sotto la linea articolare. A volte, il dolore avvolge la parte mediale e anteriore dello stinco.

Il fisioterapista dovrà andare a ricercare la causa primaria della patologia. La borsite o tendinopatia della zampa d’oca è solitamente causata da stress e tensione ripetuti all’inserzione tendinea. Ciò si verifica in genere nei runners che hanno aumentato l’intensità dell’allenamento troppo rapidamente, ma può verificarsi anche negli atleti come infortunio da overuse. Occasionalmente, tale problematica può verificarsi a causa di un colpo diretto nella zona mediale del ginocchio.

 

Tendinopatia della zampa d’oca e fisioterapia

Se soffri di dolore nella parte interna del ginocchio/gamba e sospetti di avere una tendinopatia della zampa d’oca rivolgiti ad un fisioterapista specializzato nell’ambito ortopedico e in terapia manuale per effettuare un’attenta valutazione e cominciare un percorso di fisioterapia adeguato.

Le componenti della valutazione da parte del fisioterapista per i problemi di borsite o tendinopatia della zampa d’oca sono:

  • storia anamnestica: il fisioterapista farà domande su come è iniziato il dolore, come sta cambiando e su quali attività aumentano o diminuiscono i tuoi sintomi. Il fisioterapista dovrebbe anche chiederti di precedenti episodi di dolore al ginocchio mediale e di altri trattamenti che hai.
  • palpazione: comporta l’uso delle mani per toccare le strutture anatomiche durante la valutazione. Il fisioterapista palperà l’area dell’inserzione tendinea per determinare se la borsa e i tendini sono infiammati.
  • misurazioni del range di movimento (ROM) del ginocchio e dell’anca: il fisioterapista può utilizzare un goniometro per misurare il ROM delle articolazioni del ginocchio e dell’anca.
  • misure di flessibilità: in genere, la tensione nei muscoli posteriori della coscia, dell’anca o della coscia può predisporre a problemi tendinopatia della zampa d’oca. Il tuo fisioterapista può misurare la flessibilità di vari gruppi muscolari per valutare se la tensione può causare la tua borsite da anserina.
  • misurazione della forza degli arti inferiori: occasionalmente, la debolezza dei muscoli dell’anca può mettere il ginocchio in una posizione scomoda durante la corsa, la camminata o il salto. Questa posizione del ginocchio può aumentare lo stress e la tensione attorno all’inserzione tendinea e può causare irritazione.
  • valutazione dell’equilibrio: una diminuzione dell’equilibrio e della propriocezione può aumentare lo stress attorno all’articolazione del ginocchio e questo può irritare i tendini e la borsa, causando dolore al ginocchio medialmente. Il fisioterapista eseguirà test speciali per valutare l’equilibrio e determinare se questo potrebbe contribuire al tuo problema.

 

Trattamento

Una volta che il fisioterapista ha raccolto informazioni sulla condizione durante la valutazione iniziale, può essere implementato un piano di fisioterapia mirato a ridurre il dolore e tornare al precedente livello di attività. Qui nel nostro studio di Legnano abbiamo diverse possibilità di trattamento che vengono proposte in maniera combinata e sono:

Esercizi: l’esercizio fisico è uno degli strumenti principali per gestire la tua borsite o tendinopatia della zampa d’oca. Gli esercizi tipici per la borsite o tendinopatia della zampa includono:

  • esercizi di flessibilità: l’inserzione della zampa d’oca proviene da tre diversi muscoli; quindi, i tuoi esercizi di flessibilità possono includere tratti diversi. In genere, si consiglia di allungare i muscoli posteriori della coscia, delle anche, le cosce e l’inguine per aiutare a migliorare la mobilità dei muscoli e dei tendini.
  • esercizi di potenziamento: durante la valutazione il fisioterapista potrebbe aver scoperto diversi gruppi muscolari deboli e che potrebbero contribuire al tuo problema. Pertanto, verranno selezionati ed assegnati esercizi per rafforzare i muscoli deboli. Potrebbero essere necessari esercizi di rafforzamento dell’anca per aiutarti a controllare meglio la posizione dell’arto inferiore per ridurre al minimo lo stress intorno alla zona tendinea interessata.
  • esercizio di equilibrio: se con i test è risultato che lo scarso equilibrio e la propriocezione possano contribuire alla tua borsite o tendinopatia della zampa d’oca, potrebbe essere necessario prescrivere esercizi specifici da aggiungere agli esercizi di rinforzo.

Il fisioterapista può inserire all’interno del percorso di fisioterapia l’utilizzo della laserterapia che integra il lavoro manuale e di esercizi. Sarà necessario anche modificare l’attività. Ad esempio, sostituire la corsa con nuoto e bici. Se la situazione è più grave sarà necessario interrompere temporaneamente l’attività sportiva.

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Pressoterapia - Move Therapy Legnano - Fisioterapia e Osteopatia Legnano

Pressoterapia

Pressoterapia: cos’è e come funziona

La pressoterapia è un massaggio terapeutico che effettuiamo nel nostro studio di Legnano e che, con una specifica apparecchiatura, genera una pressione esterna sulla zona interessata.

Si tratta di una terapia particolarmente utilizzata nel trattamento degli arti inferiori, una zona del corpo che in genere presenta problemi di tipo circolatorio. Questa tecnica viene suggerita dal fisioterapista o dall’osteopata per contrastare gli edemi e migliorare il funzionamento del sistema linfatico e del sistema circolatorio del paziente. Inoltre, la pressoterapia stimola il sistema immunologico, aiuta ad abbassare la pressione arteriosa in pazienti con livelli elevati ed è di gran aiuto nell’eliminazione dei residui metabolici.

Oltre a questo, il trattamento risulta particolarmente indicato, grazie all’effetto positivo che ha sulla circolazione, per tutti quei pazienti con problemi di stanchezza e gambe pesanti o per le persone che soffrono di varici.

Pressoterapia: indicazioni e benefici

La pressoterapia viene utilizzata dal fisioterapista per alleviare i problemi di gambe gonfie e indolenzite, edemi, vene varicose, ulcere, ecc. causate da problemi di insufficienza venosa e può essere integrata ai trattamenti di linfodrenaggio e all’uso di guaine elastocompressive.

La pressoterapia si attua attraverso particolari terminali (gambali, bracciali, fasce addominali, ecc.) che al proprio interno contengono sacche pneumocompressive che si gonfiano e generano una compressione controllata alle parti del corpo interessate (arti e addome).

Il fisioterapista adatta parametri del dispositivo in base alle necessità e alle problematiche del paziente. Viene regolata la pressione d’aria, che gonfia e sgonfia i gambali in modo intermittente e sequenziale nelle varie camere degli applicatori. Lo scopo è quello di favorire il trasporto dei fluidi all’interno del corpo, normalizzando il circolo venoso, rimuovendo le stasi di liquidi e cercando di prevenire le patologie legate a questi aspetti. Le principali indicazioni terapeutiche in ambito medico per la pressoterapia sono qui sottoelencate:

  • linfedema;
  • sindrome post flebitica;
  • stasi venosa;
  • compressione passiva in patologie venose;
  • ematoma;
  • trattamento di ematomi in seguito ad interventi chirurgici;
  • insufficienza venosa;
  • trattamento anti-cellulite stadio iniziale;
  • paralisi degli arti;
  • sindrome post trombotica;
  • gambe pesanti;
  • edemi venosi cronici diffusi;
  • pazienti allettati.

Pressoterapia per gli atleti

Nel nostro studio di Legnano vediamo moltissimi atleti di ogni livello e grado competitivo. Dopo gli allenamenti più intensi è fondamentale il recupero muscolare per potersi allenare con costanza e al meglio delle proprie possibilità. La pressoterapia è trattamento medico-sportivo per gli atleti dal quale possono ricavarne un notevole beneficio sia in termini di tempo di recupero che di performance.

La pressoterapia viene suggerita dal fisioterapista per esercitare un massaggio intenso sulla muscolatura e permette di:

  • promuovere il deflusso dei liquidi stimolando il sistema linfatico;
  • rilassare la muscolatura contratta;
  • velocizzare lo smaltimento dell’acido lattico a seguito di intensa attività fisica.

Questi si traduce per l’atleta in:

  • accelerare i tempi di recupero;
  • contribuire ad eliminare le scorie metaboliche dai muscoli;
  • ripristinare rapidamente il rilascio dei nutrienti nei muscoli;
  • migliorare le performance sportive;
  • ridurre il rischio di infortuni;
  • aiutare a combattere i crampi muscolari;
  • riposare il fisico dopo un intenso allenamento.

Controindicazioni

La pressoterapia deve essere inserita in un percorso di fisioterapia in modo attento. Infatti, durante l’anamnesi è bene chiedere al paziente se sono presenti, nella sua storia clinica, condizioni che possono essere controindicazioni all’applicazione di tale terapia. Le principali patologie per le quali è meglio evitare la pressoterapia sono:

  • infiammazioni venose acute;
  • neoplasie maligne;
  • infiammazioni acute della pelle;
  • trombosi venosa profonda;
  • erisipela;
  • occlusioni arteriose.

Gli effetti che la pressoterapia genera sono, a livello biochimico, le cellule endoteliali rilasciano sostanze che favoriscono l’azione antitrombotica, vasodilatatrice e pro-fibrinolitica nella zona sottoposta alla terapia. Lo spostamento dei fluidi porta un aumento della velocità del flusso ematico riducendo i processi di ristagno e di ritenzione dei liquidi interstiziali. Grazie all’aumento della pressione interstiziale, il carico linfatico si riduce, la portata linfatica aumenta riducendo visibilmente l’edema.

Pressoterapia: quanto dura e frequenza dei trattamenti

I trattamenti di pressoterapia applicata dal fisioterapista durano generalmente 30 minuti. Il numero totale delle sedute può variare in modo considerevole a seconda del tipo e grado di patologia. Indicativamente si va da un minimo di 5 fino a cicli di 20 sedute in casi particolari di linfedema.

La cadenza delle sedute è però fondamentale per avere risultati efficaci sul drenaggio dei fluidi, si può variare da sedute quotidiane a sedute a giorni alterni sempre a seconda della problematica riscontrata e vanno inoltre supportate da altri presidi medici come l’uso di calze elastocompressive, bendaggi, linfodrenaggio e terapia farmacologica sempre sotto le indicazioni del medico specialista.

Per quanto riguarda invece gli atleti, la frequenza delle sedute varia in base alle caratteristiche e alle necessità sportive dell’atleta sulla base delle quali si stabiliscono il numero e la frequenza delle sedute al fine di personalizzare il trattamento consentendo all’atleta di esprimersi al meglio durante le competizioni.

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Cuffia dei rotatori: Riparazione chirurgica e Riabilitazione, Fisioterapia o Osteopatia Legnano, Move Therapy

Cuffia dei rotatori: Riparazione chirurgica e Riabilitazione

Lesione della cuffia dei rotatori: anatomia e classificazione

Nel nostro studio di Legnano ci capita spesso di vedere pazienti che sono andati incontro ad una lesione della cuffia dei rotatori. Tali lesioni e i conflitti subacromiali sono tra le cause più frequenti di dolore e disabilità della spalla.

Il fisioterapista deve spiegare al paziente l’anatomia del complesso della cuffia dei rotatori che comprende i tendini di quattro muscoli: sopraspinoso, sottospinoso, sottoscapolare e piccolo rotondo.

La cuffia dei rotatori ha tre funzioni note: rotazione della testa dell’omero, stabilizzazione della testa dell’omero nella cavità glenoide con la compressione della testa rotonda nella fossa poco profonda e capacità di offrire equilibrio muscolare, stabilizzando l’articolazione gleno-omerale quando altri muscoli più grandi che incrociano l’articolazione si contraggono.

In fisioterapia è importante conoscere la tipologia della lesione. Le lesioni della cuffia dei rotatori possono essere classificate in acute e croniche, a seconda del tempo nel quale si instaurano, e in parziali (dal lato della borsa o dal lato dell’articolazione) o complete, in base alla profondità della lacerazione. Le rotture complete, a loro volta, possono essere classificate in base alle dimensioni della lacerazione in centimetri quadrati: piccole (0-1 cm2), medie (1-3 c cm2), grandi (3-5 cm2) o massive (>5 cm2). Tutti questi fattori, nonché il contesto demografico e medico del paziente, svolgono un ruolo determinante nell’impostare un programma di trattamento. Raccomandiamo un trattamento con un fisioterapista specializzato ed esperto piuttosto che un programma di terapia a domicilio.

Lesione della cuffia dei rotatori: riparazione chirurgica

La riparazione chirurgica di una cuffia dei rotatori lacerata viene eseguita nel tentativo di ridurre il dolore, mgliorare la funzione e ampliare il ROM (range di movimento). Il fisioterapista deve ben conoscere la tipologia di intervento poiché da essa dipendono le tempistiche di recupero e il percorso riabilitativo.

I pazienti che hanno subito un distacco del deltoide o un release dall’acromion o dalla clavicola (ad esempio riparazione aperta tradizionale della cuffia dei rotatori) non possono praticare contrazioni attive del deltoide per 6-8 settimane, per prevenirne l’avulsione.

La riparazione artroscopica della cuffia ha effettivamente una velocità di recupero leggermente inferiore, per la fissazione più debole della ricostruzione rispetto a quella di una procedura aperta. Una procedura mini-invasiva, che prevede un’incisione verticale nell’orientamento delle fibre del deltoide, consente contrazioni più lievi e precoci del deltoide. Indipendentemente dalla chirurgia utilizzata, in tutti i pazienti durante il percorso di fisioterapia devono essere rispettati i tempi biologici della guarigione dei tendini.

 

Lesione della cuffia dei rotatori: Trattamento

Vi sono diverse variabili che il fisioterapista deve tenere conto durante il percorso riabilitativo, ovvero la qualità del tendine, del tessuto muscolare e dell’osso perché ciò determina la velocità di progressione della riabilitazione. Un tessuto sottile, grasso o debole progredirà più lentamente di un tessuto eccellente.

I tessuti che coinvolgono le strutture posteriori della cuffia richiedono una progressione più cauta nel rinforzo della rotazione esterna. La riabilitazione dopo riparazione del sottoscapolare (struttura anteriore) deve invece limitare la rotazione interna contro resistenza.

La riabilitazione dopo la chirurgia della cuffia dei rotatori pone enfasi su una mobilizzazione immediata, una precoce ricerca della stabilità dell’articolazione gleno-omerale e un recupero graduale della forza muscolare. Per tutta la durata della riabilitazione deve essere evitato un eccesso di sollecitazioni sul tessuto in via di guarigione, alla ricerca di un equilibrio tra la spalla che recupera e la promozione della guarigione dei tessuti molli.

Obiettivi della riabilitazione

Gli obiettivi della riabilitazione che il fisioterapista deve avere bene in mente sono:

  1. Preservare l’integrità della cuffia riparata e non sollecitare mai troppo i tessuti in via di guarigione.
  2. Ripristinare un ROM passivo quanto più presto possibile e in sicurezza.
  3. Ristabilire un controllo dinamico della testa dell’omero, evitando l’elevazione compensatoria del moncone della spalla.
  4. Migliorare la forza dei rotatori esterni e ripristinare l’equilibrio tra i muscoli.
  5. Dare inizio all’abduzione contro resistenza e alla flessione una volta ristabilito l’equilibrio.
  6. Attenzione alle attività troppo aggressive.
  7. Recuperare l’uso funzionale della spalla con gradualità.
  8. Attivare i muscoli della cuffia con l’inibizione del dolore.

Nel caso di pazienti che hanno avuto una lesione della cuffia di tipo cronico e non acuto è indicato un programma di riabilitazione conservativa. L’intervento chirurgico in questa popolazione di pazienti è indicato per i pazienti che non rispondono al trattamento conservativo o che mostrano una lacerazione acuta su lesione cronica..

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Protesi di Ginocchio - Move Therapy Legnano - Fisioterapia e osteopatia

Protesi di ginocchio: intervento e riabilitazione

Protesi del ginocchio: cos’è e intervento

Nel nostro studio di Legnano ci occupiamo di riabilitazione post-intervento. A causa di gravi processi artrosici a livello dell’articolazione del ginocchio, il paziente è costretto a sottoporsi all’intervento di protesi di ginocchio.

L’artrosi del ginocchio può essere imputabile a molte cause, come deformità congenite (assiali o rotatorie), traumi e artrite reumatoide. L’80% dei pazienti sviluppa un’artrosi del compartimento mediale e quando l’osso comincia a degenerare si determina un varismo.

L’intervento di protesi di ginocchio è un comune approccio chirurgico svolto in ambito ortopedico e può essere di due tipi:

  • protesi totale o artroprotesi di ginocchio;
  • protesi mono-compartimentale: ovvero di un lato solo, più frequente sul lato mediale.

L’intervento chirurgico di protesi del ginocchio prevede diverse fasi, tra cui:

  • incisione chirurgica: si utilizza un’apertura anteriore per esporre l’articolazione del ginocchio che, solitamente, si trova piegata;
  • approcci mirati all’ottimizzazione dell’osso e della cartilagine: prima di installare l’impianto nella zona specifica, osso e cartilagine vengono “ripuliti”;
  • inserimento vero e proprio del materiale protesico, che ad oggi può anche essere creato su misura con delle stampe 3D.

Artrosi di ginocchio: sintomi e diagnosi

Per esaminare il ginocchio con sospetta artrosi, il fisioterapista deve muovere l’articolazione sotto carico (ad esempio per esaminare il compartimento mediale viene applicata una forza in varismo al ginocchio mentre viene mosso). Mentre si applica questa forza si potrà avvertire sotto la mano un crepitio e sarà provocato dolore.

Il fisioterapista deve esaminare il ginocchio alla ricerca di un’eventuale lassità del legamento collaterale e in alcuni casi dei legamenti crociati, sebbene ciò sia meno importante. Si deve annotare la presenza di una deformità fissa in flessione (ad esempio la perdita dell’estensione passiva del ginocchio).

Il paziente, durante l’anamnesi, riporterà al fisioterapista il dolore mattutino che può ridursi durante la giornata dopo che “si scalda”, ma che poi tende a peggiorare la sera, limitando la mobilità del ginocchio stesso. Nei casi di artrosi più avanzata il paziente percepisce grave dolore anche solo ad eseguire pochi passi. All’osservazione sarà presente un gonfiore generalizzato a tutta l’articolazione, una deformità ossea. Palpando il ginocchio sarà dolente e caldo.

La valutazione definitiva è quella radiografica. Tale valutazione dovrebbe sempre includere una proiezione anteroposteriore del ginocchio in stazione eretta (sotto carico) e una proiezione laterale. Se è contemplato un intervento, si deve eseguire una radiografia che comprende l’intero arto inferiore (90 cm) per scoprire una qualsiasi deformità oppure un problema soprastante e sottostante quanto normalmente si può osservare in una radiografia standard (ad esempio una deformità in valgo della caviglia)

Riabilitazione protesi di ginocchio: trattamento e protocollo esercizi

La riabilitazione della protesi di ginocchio viene eseguita dal fisioterapista specializzatoDopo l’intervento chirurgico lo scopo della riabilitazione e degli esercizi sarà quello di migliorare la mobilità in flessione ed estensione del ginocchio, ridurre il gonfiore, migliorare la forza muscolare del quadricipite, degli ischio-crurali e dei glutei, migliorare lo schema del passo dopo aver appreso il corretto utilizzo delle stampelle, necessarie nei primi giorni post-intervento per ridurre il carico sull’articolazione ed evitare complicanze o peggioramento del gonfiore e del dolore.

Il protocollo di esercizi per la riabilitazione della protesi di ginocchio viene creato appositamente dal fisioterapista in base agli obiettivi riabilitativi e alle esigenze del paziente. Non può essere lo stesso per tuttima la buona notizia è che, sicuramente, ha obiettivi comuni che devono essere raggiunti passo dopo passo per consentire un corretto funzionamento dell’articolazione. Una buona articolazione del ginocchio dal punto di vista muscolare e di movimento prima dell’intervento di protesi è un requisito indispensabile per dei buoni risultati dopo la chirurgia.

È importante la riabilitazione preoperatoria in preparazione alla protesi di ginocchio dovrà seguire un protocollo di esercizi specifico sotto la supervisione del fisioterapista anche prima dell’intervento. Questo poiché a seguito dell’intervento la forza muscolare del distretto colpito diminuirà del 30-40%. Il fisioterapista, attraverso gli esercizi preoperatori, consentirà al paziente di avere un recupero più rapido e meno doloroso. Il fisioterapista specializzato saprà anche consigliare, guidare e spiegare al paziente le fasi di trattamento.

Gli esercizi più comuni ed efficaci per il percorso di fisioterapia dopo protesi del ginocchio sono:

  • esercizi di mobilità in flessione ed estensione da supino (pancia in su) e seduto;
  • esercizi di tenuta in estensione (disteso) del ginocchio per ridurre l’inibizione del quadricipite;
  • contrazioni isometriche (in assenza di movimento) dei muscoli del polpaccio, del quadricipite e dei glutei;
  • ponti mono- (a una gamba sola) e bi-podalici (a due gambe) da supino;
  • esercizi specifici per l’utilizzo delle stampelle e per il miglioramento dello schema del passo;
  • esercizi specifici per la salita e la discesa delle scale;
  • squat (accosciata);
  • affondi frontali e laterali;
  • esercizi specifici per i muscoli gluteo minimo e medio (come il sollevamento della gamba distesa o piegata dalla posizione sul fianco).

In associazione agli esercizi e alla terapia manuale, presso il nostro studio di Legnano, utilizziamo anche dei macchinari efficaci che consentono di rendere più rapido il recupero dei pazienti, riducono il dolore e il gonfiore. Questi macchinari a nostra disposizione utilizzati dal fisioterapista specializzato sono la magnetoterapia che consente di stimolare gli osteoblasti nella produzione di osso e la pressoterapia che aiuta a ridurre il gonfiore postoperatorio.

Riabilitazione protesi di ginocchio: tempistiche e prognosi

In assenza di complicanze (cié è confermato dall’equipe medica che ha eseguito l’intervento) è estremamente consigliato a ciascun paziente di prendere contatti, da subito, con un fisioterapista specializzato in ambito muscoloscheletrico per intraprendere immediatamente una riabilitazione precoce dal momento che tale precocità presuppone un maggiore successo nei mesi a seguire.

I pazienti che si sottopongono a intervento di protesi di ginocchio ricominciano a deambulare nell’immediato periodo post-operatorio, entro qualche giorno (a discrezione del chirurgo), e si sottopongono a dei trattamenti preliminari nella sede ospedaliera o privata dell’operazione.

La riabilitazione ha una durata di circa 3 mesi in cui vi saranno sedute supervisionate dal fisioterapia (con il quale eseguirà gli esercizi nel proprio studio professionale attraverso le strumentazioni del caso) e si coordinerà con il paziente, educandolo, per l’esecuzione degli esercizi a domicilio eseguendo, nel tempo (ogni circa 14-15 giorni) delle rivalutazioni e visite di controllo come quelle eseguite con l’ortopedico per il controllo del corretto posizionamento dell’impianto protesico.

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Lesioni muscolari, Fisioterapista e Osteopata Legnano

Lesioni Muscolari: Ischicrurali

Ischiocrurali: gruppo muscolare e come si lesionano

Nel nostro studio di Legnano ci occupiamo spesso di lesioni muscolari, o i cosiddetti “strappi”, in particolare le lesioni degli ischiocrurali che sono frequenti negli atleti e spesso si cronicizzano, diventando una fonte di problemi. Il gruppo muscolare degli ischiocrurali è costituito da tre muscoli: semimembranoso, semitendinoso e bicipite femorale (capo lungo e capo breve). Questi tre muscoli funzionano nella deambulazione durante la prima fase dell’appoggio per sostenere il ginocchio, durante la fase finale dell’appoggio per la propulsione dell’arto e durante la fase intermedia del volo per controllare il momento dell’arto. Le lesioni degli ischiocrurali, sia parziali sia complete, si verificano tipicamente alla giunzione miotendinea, dove le forze eccentriche si concentrano.

Il gruppo degli ischiocrurali è un gruppo muscolare biarticolare: ciò significa che i muscoli attraversano due articolazioni. Si pensa che questa sia una delle cause per cui questi muscoli sono così suscettibili agli strappi. Il meccanismo che produce il danno è dovuto all’aumento delle forze generate durante la contrazione eccentrica del muscolo e opposte a una contrazione concentrica, ad esempio nella corsa quando si decelera. Le lesioni degli ischiocrurali sono importanti anche perché spesso recidivano, spesso a causa di una riabilitazione inadeguata o per un ritorno prematuro alla competizione prima della completa guarigione. Il percorso riabilitativo deve essere sempre svolto da un fisioterapista specializzato.

Meccanismo di lesione e prevenzione delle lesioni muscolari

I due fattori comuni a tutte le lesioni muscolari degli ischiocrurali sono la mancanza di un’estensibilità adeguata e lo squilibrio nella forza delle varie componenti del gruppo degli ischiocrurali (flessori-estensori, destra-sinistra). Si può avere uno squilibrio nella forza dei muscoli ischiocrurali dei due lati del paziente e vi può anche essere una riduzione del rapporto tra i flessori (ischiocrurali) e il gruppo degli estensori (quadricipite). Altri fattori controllabili, come la mancanza di un adeguato riscaldamento, la perdita di estensibilità, le condizioni generali e la fatica muscolare, devono essere corretti per ridurre al minimo il rischio. Tutti questi fattori devono essere indagati dal fisioterapista durante l’anamnesi al fine di, una volta curata la struttura anatomica, fare in modo di ridurre al minimo i rischi di recidiva.

Le lesioni muscolari degli ischiocrurali sono frequenti in tutti gli atleti, specialmente in quelli che corrono, saltano e calciano. In genere, la lesione si verifica nelle fasi di sprint e di corsa ad alta velocità (ad esempio la gamba che guida in un ostacolista o quella che stacca in un saltatore). Fratture da avulsione della tuberosità ischiatica si possono verificare in altri sport, come lo sci d’acqua, il sollevamento pesi, la danza e il pattinaggio sul ghiaccio. La maggior parte delle lesioni si manifesta in maniera acuta durante un esercizio impegnativo, con un dolore improvviso nella parte posteriore della coscia: questo avviene frequentemente durante uno sprint.

Clinica delle lesioni muscolari

Durante l’anamnesi, il fisioterapista farà domande specifiche e, come detto precedentemente, nelle lesioni muscolari il paziente riferirà di aver sentito un dolore improvviso durante un esercizio impegnativo. Il soggetto descrive di aver sentito una sorta di schiocco e avvertito un dolore, che impedisce la prosecuzione dell’attività sportiva che stava svolgendo. Nelle lesioni più gravi, il paziente racconta di essersi trovato per terra. Le lesioni più lievi sono descritte spesso come una tensione o una stretta nella parte posteriore della coscia durante l’esercizio. Il sintomo non impedisce la prosecuzione dell’esercizio, ma successivamente si intensifica.

Il fisioterapista andrà prima di tutto ad osservare l’arto inferiore del paziente. Uno strappo leggero degli ischiocrurali può non provocare alcun segno fisico, mentre una lesione severa può produrre una contusione estesa, tumefazione, dolorabilità e un difetto alla palpazione. Il fisioterapista che si appresta alla palpazione deve palpare i muscoli per l’intera lunghezza, con il paziente in posizione prona e il ginocchio flesso a 90°. Il muscolo viene palpato mentre è rilassato e poi durante una leggera contrazione. La palpazione deve essere eseguita anche in corrispondenza della tuberosità ischiatica per rilevare una possibile avulsione ossea.

Un altro test che viene eseguito durante la valutazione fisioterapica è quelle che viene chiamato SLR test, ovvero si annota la posizione di massima tolleranza per la flessione dell’anca a ginocchio esteso perché può essere utile per determinare il grado iniziale di gravità della lesione e la risposta prevedibile alla riabilitazione. Un’altra utile guida è la riduzione dell’estensione passiva del ginocchio con l’anca flessa a 90° per capire quanta tensione può essere generata prima di percepire dolore.

Classificazione delle lesioni muscolari e sintomi associati

Le lesioni muscolari degli ischiocrurali sono state classificate in tre gruppi:

  • Grado I (lieve): lo stiramento indica un eccessivo allungamento del muscolo, che risulta in una rottura < 5% dell’integrità strutturale della giunzione miotendinea.
  • Grado II (moderata): rappresenta una rottura parziale con una lesione più significativa, ma una rottura incompleta della giunzione miotendinea
  • Grado III (severa): rappresenta la rottura completa del muscolo, in cui le estremità muscolari sono rotte e sfilacciate.

Le fratture da avulsione possono avvenire in corrispondenza della tuberosità ischiatica prossimalmente o dell’inserzione al ginocchio distalmente.

Esami diagnostici per le lesioni muscolari

Nel nostro studio di Legnano, se viene sospettata una lesione muscolare, indichiamo al paziente di eseguire un accertamento diagnostico, ovvero un’ecografia che consente di osservare un segnale ipoecogeno in corrispondenza della lesione muscolare.

La risonanza magnetica (RM) dovrebbe essere usata raramente. Sulla RM, le lesioni acute si evidenziano con un segnale iperdenso nelle immagini pesate in T2 come risultato dell’emorragia o dell’edema all’interno del muscolo.

Le radiografie classiche sono poco utili, a meno che non si sospetti una lesione da avulsione della tuberosità ischiatica. Le avulsioni ossee con dislocamento >2 cm vengono riparate chirurgicamente e in caso di sospetta frattura della tuberosità ischiatica occorre eseguire radiografie della pelvi.

Una complicanza molto rara è la miosite ossificante cronica visibile in radiografia. Tuttavia, data la sua rarità, il reperto di calcificazioni od ossificazioni dei tessuti molli della coscia deve far insospettire il fisioterapista sul fatto che esistano altre patologie (esempio neoplasie) e indurre ad esami più approfonditi.

Trattamento delle lesioni muscolari

Il trattamento delle lesioni muscolari deve essere effettuato da un fisioterapista specializzato nell’ambito sportivo e ha delle tappe e obiettivi ben precisi. Un programma riabilitativo di fisioterapia non adeguato o frettoloso potrà portare l’atleta ad una recidiva in tempi brevi peggiorando ulteriormente la condizione del paziente sportivo.

Per i primi 3-5 giorni dopo la lesione, la fisioterapia ha l’obiettivo del trattamento è il controllo dell’emorragia, della tumefazione e del dolore. In questa fase viene utilizzato il programma RICE (Rest, Ice, Compression, Elevation).

Successivamente, qualsiasi arco di movimento (ROM) viene aumentato con cautela e gli esercizi per la forza vengono proposti con gradualità fino al ritorno all’attività. Possono essere necessari da molti giorni a settimane, a seconda della gravità della lesione, del livello di competizione e delle attività previste per l’atleta.

Nella fase acuta, nei pazienti con una lesione di II e III grado, il fisioterapista suggerisce le stampelle o il riposo a letto, ma l’immobilizzazione completa dell’anca o del ginocchio è sconsigliata. L’utilizzo del ghiaccio deve essere applicato immediatamente per diminuire l’infiammazione e l’edema.

Mobilità dopo le lesioni muscolari

Poiché la mobilità inizialmente è inficiata dal dolore, all’inizio è meglio usare esercizi isometrici, usando contrazioni isometriche submassimali (esempio 2-3 serie di 5 ripetizioni, 5 secondi di contrazione, con 15-20° di incremento). Bisogna prestare attenzione a limitare la tensione muscolare per evitare il rischio di recidive.

Si procede poi con esercizi isotonici con pesi leggeri, incrementabili di 0,5 kg al giorno. Questo programma prevede l’uso di contrazioni concentriche senza dolore. L’attività eccentrica deve essere evitata per prevenire un eccesso di tensione nell’unità muscolare, ma verrà poi inserita nelle fasi più avanzate della riabilitazione.

Anche la deambulazione in piscina e la cyclette senza resistenza vengono utilizzate nella fase iniziale perché consentono una mobilizzazione senza dolore con una resistenza controllabile. Per il condizionamento aerobico vengono utilizzati gli esercizi per gli arti inferiori e per la parte superiore del corpo. Quando il paziente cammina normalmente con minimo dolore e una buona forza muscolare, si applica un programma di cammino su percorsi con una progressione da cammino a jogging.

Lo stretching per evitare la perdita di estensibilità è una parte importante del trattamento della lesione. Uno stretching attivo cauto viene utilizzato inizialmente per arrivare poi a uno stretching passivo statico fino a dove concesso dal dolore.

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Gravidanza : sciatalgia e mal di schiena

Gravidanza – Sciatalgia e mal di schiena

Nel nostro studio di Legnano ci prendiamo cura anche delle mamme in dolce attesa. Ogni futura mamma ha a che fare con diversi disturbi della gravidanza, il dolore lancinante alla schiena e alle gambe è un sintomo che può letteralmente bloccarti e rendere difficile i movimenti della vita quotidiana. Un approccio riabilitativo grazie al fisioterapista o all’osteopata consente di alleviare di molto, o addirittura eliminare, questa antipatica sintomatologia.

Sciatica in gravidanza

La sciatica, o meglio detta sciatalgia, è il nome della condizione in cui il dolore scorre lungo il nervo sciatico, tipicamente attraverso la parte bassa della schiena, verso il gluteo, i fianchi e, infine, lungo la gamba. La sciatica di solito colpisce solo un lato del corpo ed è incredibilmente comune durante la gravidanza. Durante la visita il fisioterapista o l’osteopata sapranno indicarvi e spiegarvi nel dettaglio il decorso del nervo sciatico, facendo comprendere il perché di tale sintomatologia. È il nervo più grande del corpo ed è la chiave per fornire funzioni motorie e sensoriali alla parte inferiore del corpo e alle gambe.

Sintomi della sciatalgia

Come descritto in un blog precedente (vedi sciatalgia), i sintomi del dolore del nervo sciatico possono variare in sensazione e intensità. Per alcuni, è un lieve dolore lungo un lato della parte inferiore del corpo. Per altri, può sembrare simile a un’improvvisa scossa elettrica lungo il nervo. Altri sintomi che possono verificarsi sono intorpidimento, formicolio o persino debolezza muscolare nella gamba o nel piede.

Perché il dolore al nervo sciatico si verifica durante la gravidanza?

La sciatica è tipicamente causata da un nervo sciatico compresso, irritato o infiammato. Nelle persone non gravide, il fisioterapista specializzato andrà a ricercare la causa di tale compressione o irritazione in un’ernia del disco o da uno sperone osseo. Tuttavia, in gravidanza, ci sono altri fattori in gioco, ovvero il cambiamento della posizione del bacino in antiversione e a causa del peso del “pancione”.

Più in dettaglio, man mano che l’ormone relaxina si accumula nel corpo durante la gravidanza, i legamenti iniziano ad allentarsi per prepararsi alla nascita. Di conseguenza, il centro di gravità del tuo corpo si sposta, il che può causare la compressione del nervo sciatico. Mentre il tuo piccolo accumula chili, il peso del feto e del tuo utero può aggiungere ulteriore pressione al nervo sciatico, specialmente quando il bambino è posizionato in certi modi.

Consigli per alleviare la sciatica durante la gravidanza

Il fisioterapista e osteopata possono suggerire diversi espedienti per alleviare, durante la gravidanza, i fastidiosi sintomi della sciatalgia, tra cui:

  • Sdraiarsi sul lato opposto al dolore: per aiutare ad alleviare la pressione sul nervo sciatico. Prova anche a dormire in questa posizione.
  • Utilizzare un cuscino tra le gambe durante la notte: per dormire in una posizione rilassata ed evitare la compressione del nervo sciatico.
  • Evitare di stare in piedi per lunghi periodi di tempo: se hai bisogno di stare in piedi per un po’, prova a sollevare un piede e ad appoggiarlo su una scatola o uno sgabello per evitare disagi.
  • Nuotare: la galleggiabilità dell’acqua può aiutare a ridurre la pressione del nervo sciatico.
  • Docce calde o impacchi caldi per alleviare il dolore: il calore è un miorilassante naturale che consente alla muscolatura di “lasciarsi andare” e ridurre la tensione.
  • Evitare di sollevare oggetti pesanti.

Trattamento in gravidanza

Generalmente, nella maggior parte dei casi il dolore al nervo sciatico scompare da solo entro pochi mesi dal parto. Tuttavia, i sintomi durante la gravidanza possono essere invalidanti e necessitano di un trattamento adeguato. Rivolgendoti al tuo fisioterapista o osteopata di fiducia potrai alleviare o far scomparire i sintomi che rendono spiacevole un momento così importante della tua vita. Il fisioterapista specializzato sarà in grado di trattare la muscolatura tesa e saprà consigliarti una serie di esercizi specificatamente pensati per alleviare i sintomi della sciatalgia.

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